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Tizian hat den nackten Leib oft gemalt, im ganzen als Jesuskind, als «auferstandenen Christus» (1513), als «Sebastian», als «Adam und Eva» (1560–65), als ruhende Venus, als Amor; teilweise in Hals und Armen — wie überaus oft — oder im Busen der «Flora» (1515), der «büssenden Magdalena» (1530), der «Maria» (Magdalena?) im fünfteiligen Altar von Brescia, und wiederholt junger hübscher Frauen; ebenso im Rumpfe der «meerenttauchten Venus» (1522), der «Venus mit dem Spiegel» (1565), in den Schenkeln der Engel in den «Verkündigungen» und im «Tobias»-Bilde, der Bacchantinnen in «Bacchanal», der «heiligen Margarete» (1550 bis 52), in «Diana und Aktaion», im Bilde des heiligen Nikolaus.
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No: troppo equivoco nella sua pittura chiesastica, tremolante nei sentimenti; no: anche il Tiziano, malgrado tutta la sua forza creativa, non è riuscito a creare di nuovo una forma di vita; no: anche in lui, forse il più grande genio della pittura, la pittura non ha raggiunto la più alta vetta ed essere sacerdotessa – è rimasta legata ai legami del suo tempo, serva della predominante mezza misura, quanto essa sia profonda e quasi insuperabile, lo dimostra il caso del Tiziano. Certamente, la sua forza creatrice, suddivisa, appare ricca e grande come la luce refratta colorata e variegata; certamente, l’oggi attuale non molto più in avanti di quanto fosse il Tiziano tre secoli orsono, deve molto a lui. Ma non può d’altronde sfuggire a nessuno che dietro a questo splendore di opere di un artista si nasconda un dolore che un faustiano spirito in lotta cerca di narcotizzare, nelle profondità e bellezza delle sue figure. Indubbiamente, c’è qualche cosa di ciò nei suoi autoritratti; ma sarebbe superficiale cercare in quest’ultimi il dolore di non aver potuto raggiungere l’ambita perfezione pittorica. Potrà anche essere stato insoddisfatto e pure alla ricerca del nuovo facendone dei tentativi, ma questo accadde solamente in quanto un modo di dipingere non può, naturalmente, superare un conflitto interiore e pertanto nessuna opera poteva dargli completamente soddisfazione. Altrettanto di Michelangelo che tentennava avanti ed indietro tra pittura e scultura e nella poesia, semplicemente in quanto le sue capacità, quali che fossero d’eccellenza, non riusciva a realizzarle tecnicamente, lo sarebbero state vinte che grazie ad una sovranità di carattere etico: annullare la contrapposizione tra la sua natura di omosessuale e la medioevale visione del mondo e, partendo da se stesso, quale punto centrale di riferimento, annunciare nuove regole di vita. Meno difficoltà aveva il Tiziano, ma a lui mancarono l’intima unità, l’intima soddisfazione, dalle quali sorgono i suoi risultati tecnico-pittorici – mai e poi mai il contrario.
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