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Stando a mia madre, mio padre le avrebbe una volta detto che rimpiangeva in me un manco di tenerezza nei suoi confronti. Penso, sia più dipeso dal lui, più dall’uomo che dal timido ragazzo. Se il mio fratello più giovane gli fu più vicino, ciò era dovuto alla sua natura ma anche dal fatto che da quando mio padre aveva rinunciato a quel narcotico, divenne lui stesso più aperto, viveva più naturalmente; io l’avevo conosciuto prima quale uomo stanco, cui restavano poche forze per dedicarsi ai suoi figli. Non fu che con la morte di mia madre, che ci siamo ravvicinati. Mio padre era molto più tedesco nel carattere di quanto lo fossi io, era poco prone alle considerazioni di merito, scherzava più spontaneamente, poco importa se altri potevano farsene un’idea errata. Il sensibile, ragionevole, lo ebbi da mia madre, il vivo e sensuale da mio padre, poi più tardi, fortunatamente, anche un poco del suo humour. Mia madre aveva il sottile modo degli Svedesi, che preferiva mordersi la lingua piuttosto che dire qualche cosa di sconveniente. Anch’io restavo volentieri piuttosto guardingo e gentile fin tanto che non mi si trascinava con la maleducazione ad indignarmi; allora sapevo rispondere con energici dinieghi. Nello scrivere, piuttosto indeciso, senza pensare troppo ai miei interessi. Dell’amore filiale per la madre, da quando la psicanalisi si è fatta moda, se ne dissero anche molte a sproposito. Sulla parola «legame materno» devo pertanto dire la mia. Certamente ero legato affettivamente a mia madre e, come ogni amore autentico, questi aveva un suo calore che si rallegra della vicinanza ma che anche nella lontananza è nutrito se non accresciuto dalla nostalgia. Per natura, vi è anche un elemento sensuale-simpatico, ma non sensualità del l’«innamoramento». Mia madre non era il genere di una donna oltremodo tenera, ma possedeva una calmo calore della bontà, un qualche cosa di molto madonnesco che fluiva verso di me. E quanto mi attirava verso di lei era la mia forma di amore equilibrato che evitava, quanto lei, ogni laidore, rozzezza nell’essere ed apparire, anche nei miei confronti. Poco prima della sua di partenza mi disse: «Con te, sono sicura che non mi farai mai vergognare, nemmeno nel tuo apparire.»
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