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Among Pierre de Brazza's ancestors there are men who became famous through history. Germanico de Brazza served the king of France Henry II and died in 1555 in Lyon. Francesco, his paternal grand-father, left during an afternoon of 1785 without a word for a seven year journey in the Ottoman Empire, Greece, Turkey. Orsola Priuli, his grand-mother, claimed to be descended from Marco Polo's family. Ascanio his father travelled throughout Europe and the Far East. According to the tradition he freed a slave in Turkey and gave him his name. On his way back he painted frescos depicting his journeys on the walls of the Soleschiano villa. But beyond the family legend, Pierre and his brother Jacques have certainly followed the example of these young Italians who left for Africa in the XXth century with very little means and on their own. They certainly have been influenced by the accounts of the Capuchin missionaries from the Frioul linked to the Congo ( the Capuchins' mission in the Congo dates back from the XVIIth century with Giovanni Maria d'Udine) and by the Jesuits of the Roman College whose vocation for Africa is illustrated by the incredible collection of the museum created in the XVIIth century by the Jesuit Kircher.
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Pietro di Brazzà annovera, tra i suoi antenati, uomini che hanno segnato la storia. Germanico di Brazzà servì il re di Francia Enrico II e trovò la morte nel 1555 a Lione. Francesco, suo nonno paterno, partì un pomeriggio del 1785, senza farne menzione con alcuno, per un lungo viaggio che per ben 7 anni lo avrebbe condotto attraverso l'Impero ottomano, la Grecia e la Turchia. Orsola Priuli, la nonna, diceva di discendere dalla medesima famiglia di Marco Polo. Ascanio suo padre, viaggiò attraverso l'Europa e l'Oriente ; la tradizione vuole che costui abbia liberato uno schiavo in Turchia al quale diede il suo nome. Al suo ritorno, dipinse sulle pareti della villa di Soleschiano degli affreschi raffiguranti i suoi viaggi. Tuttavia, al di là della leggenda famigliare, Pietro e il fratello Giacomo, seguirono senza dubbio l'esempio di quei giovani Italiani che nel XIX secolo salparono per l'Africa, soli e con mezzi limitati. Certamente, furono influenzati dai racconti dei missionari cappuccini del Friuli legati al Congo (la missione dei Cappuccini in Congo data del XVII secolo con Giovanni Maria d'Udine) e dei Gesuiti del Collegio Romano la cui vocazione per l'Africa trova la massima espressione nell'incredibile collezione del museo creata nel XVII secolo dal gesuita Kircher.
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