zero – -Translation – Keybot Dictionary

Spacer TTN Translation Network TTN TTN Login Deutsch Français Spacer Help
Source Languages Target Languages
Keybot 11 Results  www.vsv-asg.ch
  Publications, The Swiss...  
Zero Rates | more...
Zero Rates | développer...
Zero Rates | Mehr...
  Publications, The Swiss...  
Zero Rates
Tassi a Zero
  Publications, The Swiss...  
16.05.2013 | Zero Rates
16.05.2013 | Tassi a Zero
  Publications, The Swiss...  
The policy of zero (or just above zero) rates was initiated by Japan in the 90’s, when the deflative crisis erupted, and has been since adopted, cut after cut, by many Western countries after the 2007-2008 financial and then economic collapses, which have carried stagnations, recessions or weak and unsustainable growths with them.
La politica dei tassi di riferimento (cioè fissati da una banca centrale) a zero, o tendenti verso lo zero, venne introdotta dal Giappone già negli anni ‘90 a fronte della sua crisi deflattiva ed è stata poi adottata, taglio dopo taglio, dai paesi occidentali dopo la grave crisi finanziaria del 2007-2008 cui è seguita un’altrettanto grave crisi economica, caratterizzata da stagnazione, recessione o debole crescita, non sostenibile senza interventi esterni. Quindi lo scopo di abbassare drasticamente i tassi è quello di creare inflazione, stimolare credito, consumi ed investimenti, contrastare la deflazione e la disoccupazione. Ovviamente, quando il livello è a zero la banca centrale si trova in una posizione difficile, non avendo piu’ margini di manovra all’ingiu’. Le soluzioni vanno allora trovate altrove, ad esempio nella politica fiscale piu’ che in quella monetaria. Una distinzione importante è fra “tassi a zero” in termini nominali oppure reali, cioè considerata l’incidenza del tasso d’inflazione. In un quadro di tassi tendenti allo zero, o comunque molto bassi, puo’ accadere che la pur leggera inflazione superi i tassi stessi, per cui un tasso reale misero ma positivo in termini nominali, diventa davvero zero o addirittura negativo in termini reali. In tali condizioni l’investitore non solo non guadagna nulla, ma ci rimette nell’investire. E’ opinione diffusa che un periodo protratto di tassi troppo bassi possa recare al sistema economico-finanziario piu’ danni che benefici: si sterilizzano risorse, o comunque le si sottraggono agli investimenti monetari ed obbligazionari, indirizzandoli verso l’estero, ove i rendimenti sono piu’ elevati, o verso impieghi piu’ speculativi, come azioni, materie prime od immobili, col rischio di creare bolle pericolose. Peraltro la politica monetaria espansiva, o addirittura ultra-espansiva e non convenzionale come quella ora dominante, sembra meno in grado di trasmettersi positivamente all’economia reale, visto che i consumi e gli investimenti sono inibiti da fattori fiscali, di incertezza o di effettivo impoverimento nel reddito e nel patrimonio delle famiglie. In tali condizioni anche l’obiettivo di creare inflazione, cosi’ da riavviare il ciclo, diventa di difficile attuazione, salvo ovviamente l’influsso di shock esterni o di drastiche misure, come ad esempio una forte svalutazione della moneta nazionale.
  Publications, The Swiss...  
The policy of zero (or just above zero) rates was initiated by Japan in the 90’s, when the deflative crisis erupted, and has been since adopted, cut after cut, by many Western countries after the 2007-2008 financial and then economic collapses, which have carried stagnations, recessions or weak and unsustainable growths with them.
La politica dei tassi di riferimento (cioè fissati da una banca centrale) a zero, o tendenti verso lo zero, venne introdotta dal Giappone già negli anni ‘90 a fronte della sua crisi deflattiva ed è stata poi adottata, taglio dopo taglio, dai paesi occidentali dopo la grave crisi finanziaria del 2007-2008 cui è seguita un’altrettanto grave crisi economica, caratterizzata da stagnazione, recessione o debole crescita, non sostenibile senza interventi esterni. Quindi lo scopo di abbassare drasticamente i tassi è quello di creare inflazione, stimolare credito, consumi ed investimenti, contrastare la deflazione e la disoccupazione. Ovviamente, quando il livello è a zero la banca centrale si trova in una posizione difficile, non avendo piu’ margini di manovra all’ingiu’. Le soluzioni vanno allora trovate altrove, ad esempio nella politica fiscale piu’ che in quella monetaria. Una distinzione importante è fra “tassi a zero” in termini nominali oppure reali, cioè considerata l’incidenza del tasso d’inflazione. In un quadro di tassi tendenti allo zero, o comunque molto bassi, puo’ accadere che la pur leggera inflazione superi i tassi stessi, per cui un tasso reale misero ma positivo in termini nominali, diventa davvero zero o addirittura negativo in termini reali. In tali condizioni l’investitore non solo non guadagna nulla, ma ci rimette nell’investire. E’ opinione diffusa che un periodo protratto di tassi troppo bassi possa recare al sistema economico-finanziario piu’ danni che benefici: si sterilizzano risorse, o comunque le si sottraggono agli investimenti monetari ed obbligazionari, indirizzandoli verso l’estero, ove i rendimenti sono piu’ elevati, o verso impieghi piu’ speculativi, come azioni, materie prime od immobili, col rischio di creare bolle pericolose. Peraltro la politica monetaria espansiva, o addirittura ultra-espansiva e non convenzionale come quella ora dominante, sembra meno in grado di trasmettersi positivamente all’economia reale, visto che i consumi e gli investimenti sono inibiti da fattori fiscali, di incertezza o di effettivo impoverimento nel reddito e nel patrimonio delle famiglie. In tali condizioni anche l’obiettivo di creare inflazione, cosi’ da riavviare il ciclo, diventa di difficile attuazione, salvo ovviamente l’influsso di shock esterni o di drastiche misure, come ad esempio una forte svalutazione della moneta nazionale.
  Publications, The Swiss...  
The policy of zero (or just above zero) rates was initiated by Japan in the 90’s, when the deflative crisis erupted, and has been since adopted, cut after cut, by many Western countries after the 2007-2008 financial and then economic collapses, which have carried stagnations, recessions or weak and unsustainable growths with them.
La politica dei tassi di riferimento (cioè fissati da una banca centrale) a zero, o tendenti verso lo zero, venne introdotta dal Giappone già negli anni ‘90 a fronte della sua crisi deflattiva ed è stata poi adottata, taglio dopo taglio, dai paesi occidentali dopo la grave crisi finanziaria del 2007-2008 cui è seguita un’altrettanto grave crisi economica, caratterizzata da stagnazione, recessione o debole crescita, non sostenibile senza interventi esterni. Quindi lo scopo di abbassare drasticamente i tassi è quello di creare inflazione, stimolare credito, consumi ed investimenti, contrastare la deflazione e la disoccupazione. Ovviamente, quando il livello è a zero la banca centrale si trova in una posizione difficile, non avendo piu’ margini di manovra all’ingiu’. Le soluzioni vanno allora trovate altrove, ad esempio nella politica fiscale piu’ che in quella monetaria. Una distinzione importante è fra “tassi a zero” in termini nominali oppure reali, cioè considerata l’incidenza del tasso d’inflazione. In un quadro di tassi tendenti allo zero, o comunque molto bassi, puo’ accadere che la pur leggera inflazione superi i tassi stessi, per cui un tasso reale misero ma positivo in termini nominali, diventa davvero zero o addirittura negativo in termini reali. In tali condizioni l’investitore non solo non guadagna nulla, ma ci rimette nell’investire. E’ opinione diffusa che un periodo protratto di tassi troppo bassi possa recare al sistema economico-finanziario piu’ danni che benefici: si sterilizzano risorse, o comunque le si sottraggono agli investimenti monetari ed obbligazionari, indirizzandoli verso l’estero, ove i rendimenti sono piu’ elevati, o verso impieghi piu’ speculativi, come azioni, materie prime od immobili, col rischio di creare bolle pericolose. Peraltro la politica monetaria espansiva, o addirittura ultra-espansiva e non convenzionale come quella ora dominante, sembra meno in grado di trasmettersi positivamente all’economia reale, visto che i consumi e gli investimenti sono inibiti da fattori fiscali, di incertezza o di effettivo impoverimento nel reddito e nel patrimonio delle famiglie. In tali condizioni anche l’obiettivo di creare inflazione, cosi’ da riavviare il ciclo, diventa di difficile attuazione, salvo ovviamente l’influsso di shock esterni o di drastiche misure, come ad esempio una forte svalutazione della moneta nazionale.
  Publications, The Swiss...  
The policy of zero (or just above zero) rates was initiated by Japan in the 90’s, when the deflative crisis erupted, and has been since adopted, cut after cut, by many Western countries after the 2007-2008 financial and then economic collapses, which have carried stagnations, recessions or weak and unsustainable growths with them.
La politica dei tassi di riferimento (cioè fissati da una banca centrale) a zero, o tendenti verso lo zero, venne introdotta dal Giappone già negli anni ‘90 a fronte della sua crisi deflattiva ed è stata poi adottata, taglio dopo taglio, dai paesi occidentali dopo la grave crisi finanziaria del 2007-2008 cui è seguita un’altrettanto grave crisi economica, caratterizzata da stagnazione, recessione o debole crescita, non sostenibile senza interventi esterni. Quindi lo scopo di abbassare drasticamente i tassi è quello di creare inflazione, stimolare credito, consumi ed investimenti, contrastare la deflazione e la disoccupazione. Ovviamente, quando il livello è a zero la banca centrale si trova in una posizione difficile, non avendo piu’ margini di manovra all’ingiu’. Le soluzioni vanno allora trovate altrove, ad esempio nella politica fiscale piu’ che in quella monetaria. Una distinzione importante è fra “tassi a zero” in termini nominali oppure reali, cioè considerata l’incidenza del tasso d’inflazione. In un quadro di tassi tendenti allo zero, o comunque molto bassi, puo’ accadere che la pur leggera inflazione superi i tassi stessi, per cui un tasso reale misero ma positivo in termini nominali, diventa davvero zero o addirittura negativo in termini reali. In tali condizioni l’investitore non solo non guadagna nulla, ma ci rimette nell’investire. E’ opinione diffusa che un periodo protratto di tassi troppo bassi possa recare al sistema economico-finanziario piu’ danni che benefici: si sterilizzano risorse, o comunque le si sottraggono agli investimenti monetari ed obbligazionari, indirizzandoli verso l’estero, ove i rendimenti sono piu’ elevati, o verso impieghi piu’ speculativi, come azioni, materie prime od immobili, col rischio di creare bolle pericolose. Peraltro la politica monetaria espansiva, o addirittura ultra-espansiva e non convenzionale come quella ora dominante, sembra meno in grado di trasmettersi positivamente all’economia reale, visto che i consumi e gli investimenti sono inibiti da fattori fiscali, di incertezza o di effettivo impoverimento nel reddito e nel patrimonio delle famiglie. In tali condizioni anche l’obiettivo di creare inflazione, cosi’ da riavviare il ciclo, diventa di difficile attuazione, salvo ovviamente l’influsso di shock esterni o di drastiche misure, come ad esempio una forte svalutazione della moneta nazionale.
  Publications, The Swiss...  
The policy of zero (or just above zero) rates was initiated by Japan in the 90’s, when the deflative crisis erupted, and has been since adopted, cut after cut, by many Western countries after the 2007-2008 financial and then economic collapses, which have carried stagnations, recessions or weak and unsustainable growths with them.
La politica dei tassi di riferimento (cioè fissati da una banca centrale) a zero, o tendenti verso lo zero, venne introdotta dal Giappone già negli anni ‘90 a fronte della sua crisi deflattiva ed è stata poi adottata, taglio dopo taglio, dai paesi occidentali dopo la grave crisi finanziaria del 2007-2008 cui è seguita un’altrettanto grave crisi economica, caratterizzata da stagnazione, recessione o debole crescita, non sostenibile senza interventi esterni. Quindi lo scopo di abbassare drasticamente i tassi è quello di creare inflazione, stimolare credito, consumi ed investimenti, contrastare la deflazione e la disoccupazione. Ovviamente, quando il livello è a zero la banca centrale si trova in una posizione difficile, non avendo piu’ margini di manovra all’ingiu’. Le soluzioni vanno allora trovate altrove, ad esempio nella politica fiscale piu’ che in quella monetaria. Una distinzione importante è fra “tassi a zero” in termini nominali oppure reali, cioè considerata l’incidenza del tasso d’inflazione. In un quadro di tassi tendenti allo zero, o comunque molto bassi, puo’ accadere che la pur leggera inflazione superi i tassi stessi, per cui un tasso reale misero ma positivo in termini nominali, diventa davvero zero o addirittura negativo in termini reali. In tali condizioni l’investitore non solo non guadagna nulla, ma ci rimette nell’investire. E’ opinione diffusa che un periodo protratto di tassi troppo bassi possa recare al sistema economico-finanziario piu’ danni che benefici: si sterilizzano risorse, o comunque le si sottraggono agli investimenti monetari ed obbligazionari, indirizzandoli verso l’estero, ove i rendimenti sono piu’ elevati, o verso impieghi piu’ speculativi, come azioni, materie prime od immobili, col rischio di creare bolle pericolose. Peraltro la politica monetaria espansiva, o addirittura ultra-espansiva e non convenzionale come quella ora dominante, sembra meno in grado di trasmettersi positivamente all’economia reale, visto che i consumi e gli investimenti sono inibiti da fattori fiscali, di incertezza o di effettivo impoverimento nel reddito e nel patrimonio delle famiglie. In tali condizioni anche l’obiettivo di creare inflazione, cosi’ da riavviare il ciclo, diventa di difficile attuazione, salvo ovviamente l’influsso di shock esterni o di drastiche misure, come ad esempio una forte svalutazione della moneta nazionale.
  Publications, The Swiss...  
The policy of zero (or just above zero) rates was initiated by Japan in the 90’s, when the deflative crisis erupted, and has been since adopted, cut after cut, by many Western countries after the 2007-2008 financial and then economic collapses, which have carried stagnations, recessions or weak and unsustainable growths with them.
La politica dei tassi di riferimento (cioè fissati da una banca centrale) a zero, o tendenti verso lo zero, venne introdotta dal Giappone già negli anni ‘90 a fronte della sua crisi deflattiva ed è stata poi adottata, taglio dopo taglio, dai paesi occidentali dopo la grave crisi finanziaria del 2007-2008 cui è seguita un’altrettanto grave crisi economica, caratterizzata da stagnazione, recessione o debole crescita, non sostenibile senza interventi esterni. Quindi lo scopo di abbassare drasticamente i tassi è quello di creare inflazione, stimolare credito, consumi ed investimenti, contrastare la deflazione e la disoccupazione. Ovviamente, quando il livello è a zero la banca centrale si trova in una posizione difficile, non avendo piu’ margini di manovra all’ingiu’. Le soluzioni vanno allora trovate altrove, ad esempio nella politica fiscale piu’ che in quella monetaria. Una distinzione importante è fra “tassi a zero” in termini nominali oppure reali, cioè considerata l’incidenza del tasso d’inflazione. In un quadro di tassi tendenti allo zero, o comunque molto bassi, puo’ accadere che la pur leggera inflazione superi i tassi stessi, per cui un tasso reale misero ma positivo in termini nominali, diventa davvero zero o addirittura negativo in termini reali. In tali condizioni l’investitore non solo non guadagna nulla, ma ci rimette nell’investire. E’ opinione diffusa che un periodo protratto di tassi troppo bassi possa recare al sistema economico-finanziario piu’ danni che benefici: si sterilizzano risorse, o comunque le si sottraggono agli investimenti monetari ed obbligazionari, indirizzandoli verso l’estero, ove i rendimenti sono piu’ elevati, o verso impieghi piu’ speculativi, come azioni, materie prime od immobili, col rischio di creare bolle pericolose. Peraltro la politica monetaria espansiva, o addirittura ultra-espansiva e non convenzionale come quella ora dominante, sembra meno in grado di trasmettersi positivamente all’economia reale, visto che i consumi e gli investimenti sono inibiti da fattori fiscali, di incertezza o di effettivo impoverimento nel reddito e nel patrimonio delle famiglie. In tali condizioni anche l’obiettivo di creare inflazione, cosi’ da riavviare il ciclo, diventa di difficile attuazione, salvo ovviamente l’influsso di shock esterni o di drastiche misure, come ad esempio una forte svalutazione della moneta nazionale.
  Publications, The Swiss...  
The policy of zero (or just above zero) rates was initiated by Japan in the 90’s, when the deflative crisis erupted, and has been since adopted, cut after cut, by many Western countries after the 2007-2008 financial and then economic collapses, which have carried stagnations, recessions or weak and unsustainable growths with them.
La politica dei tassi di riferimento (cioè fissati da una banca centrale) a zero, o tendenti verso lo zero, venne introdotta dal Giappone già negli anni ‘90 a fronte della sua crisi deflattiva ed è stata poi adottata, taglio dopo taglio, dai paesi occidentali dopo la grave crisi finanziaria del 2007-2008 cui è seguita un’altrettanto grave crisi economica, caratterizzata da stagnazione, recessione o debole crescita, non sostenibile senza interventi esterni. Quindi lo scopo di abbassare drasticamente i tassi è quello di creare inflazione, stimolare credito, consumi ed investimenti, contrastare la deflazione e la disoccupazione. Ovviamente, quando il livello è a zero la banca centrale si trova in una posizione difficile, non avendo piu’ margini di manovra all’ingiu’. Le soluzioni vanno allora trovate altrove, ad esempio nella politica fiscale piu’ che in quella monetaria. Una distinzione importante è fra “tassi a zero” in termini nominali oppure reali, cioè considerata l’incidenza del tasso d’inflazione. In un quadro di tassi tendenti allo zero, o comunque molto bassi, puo’ accadere che la pur leggera inflazione superi i tassi stessi, per cui un tasso reale misero ma positivo in termini nominali, diventa davvero zero o addirittura negativo in termini reali. In tali condizioni l’investitore non solo non guadagna nulla, ma ci rimette nell’investire. E’ opinione diffusa che un periodo protratto di tassi troppo bassi possa recare al sistema economico-finanziario piu’ danni che benefici: si sterilizzano risorse, o comunque le si sottraggono agli investimenti monetari ed obbligazionari, indirizzandoli verso l’estero, ove i rendimenti sono piu’ elevati, o verso impieghi piu’ speculativi, come azioni, materie prime od immobili, col rischio di creare bolle pericolose. Peraltro la politica monetaria espansiva, o addirittura ultra-espansiva e non convenzionale come quella ora dominante, sembra meno in grado di trasmettersi positivamente all’economia reale, visto che i consumi e gli investimenti sono inibiti da fattori fiscali, di incertezza o di effettivo impoverimento nel reddito e nel patrimonio delle famiglie. In tali condizioni anche l’obiettivo di creare inflazione, cosi’ da riavviare il ciclo, diventa di difficile attuazione, salvo ovviamente l’influsso di shock esterni o di drastiche misure, come ad esempio una forte svalutazione della moneta nazionale.