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Ce modèle de calcul – appelé aujourd'hui modèle Voellmy-Salm – a permis aux ingénieurs de déterminer, pour une hauteur de rupture donnée, jusqu'où l’avalanche s'avancera dans sa zone d'étalement. En outre, ils ont pu dimensionner les ouvrages d'interception et de protection, et définir les zones rouges et bleues sur les cartes de danger.
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Das Modell zur Beschreibung von fliessendem Schnee, das Voellmy entwickelt hatte, führte jedoch noch nicht zu einem Verfahren, um Lawinenauslauflängen und –endgeschwindigkeiten zu berechnen. Erst Dr. Bruno Salm, Bauingenieur des SLF, löste dieses Problem in den frühen 70er Jahren. Er übernahm die Ideen von Voellmy und präsentierte ein Berechnungsmodell, das die Lawinenbahn in einen Anriss- oder Auslösebereich, einen Beschleunigungsbereich und den Auslaufbereich unterteilte. Jeder Bereich war durch seine durchschnittliche Hangneigung charakterisiert. Das Berechnungsmodell - jetzt als "Voellmy-Salm-Modell“ benannt - ermöglichte es Ingenieuren, mit einer gegebenen Anrisshöhe der Lawine vorherzusagen, wie weit diese in den Auslaufbereich vordringt. Ausserdem konnten sie die Ausmasse von Auffang- und Schutzdämmen dimensionieren und die roten und blauen Zonen in den Gefahrenkarten definieren. Eine intensive Überprüfung dieser Karten nach dem Katastrophenlawinenwinter 1999 machte deutlich, dass sie ihren Zweck auch heute noch gut erfüllen.
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Il modello per la descrizione dello scorrimento della neve sviluppato da Voellmy non poteva tuttavia essere utilizzato per calcolare la lunghezza della zona di deposito e la velocità finale di una valanga. Il problema fu risolto solo nei primi anni '70 dal dott. Bruno Salm, ingegnere civile dell'SLF. Facendo proprie le ipotesi di Voellmy, egli presentò un modello di calcolo che suddivideva la traiettoria della valanga in zona di distacco o frattura, zona di scorrimento o accelerazione e zona di deposito o accumulo. Ciascuna zona era caratterizzata dalla sua inclinazione media. Il nuovo modello di calcolo, chiamato "Voellmy-Salm", permetteva agli ingegneri di prevedere, partendo da una determinata altezza della frattura, l'estensione che avrebbe avuto la zona di deposito. Il modello consentiva loro inoltre di dimensionare le dighe di arresto e di protezione, nonché di definire le zone rosse e quelle blu sulle carte di pericolo. Un controllo dettagliato di queste carte dopo l'inverno catastrofico del 1999 ha confermato che esse svolgono brillantemente la loro funzione ancora oggi.
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